LO SHABBATH, IL SABATO, CESSAZIONE

10 Maggio 2021

CON LE PAROLE DI RAV LOCCI

Il precetto dello Shabbath è uno dei più importanti, se non addirittura quello fondamentale, che caratterizza l’Ebraismo. Questo dovere è ricordato molte volte nella Bibbia e trova il suo posto d’onore anche nel Decalogo.

Così è scritto nel quarto Comandamento:

Ricorda il giorno dello Shabbath per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tua attività e il giorno settimo è Shabbath per il Signore D-o tuo, non farai alcun lavoro, tu, tuo figlio, tua figlia, il tuo schiavo, la tua schiava, il tuo animale, il tuo forestiero che abita nella tua città. Poiché sei giorni fece il Signore il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che in essi si trova e riposò nel settimo giorno; perciò benedisse il Signore il giorno di Shabbath e lo santificò[1].

Nel quinto libro del Pentateuco, il Deuteronomio, quando si ripete il Decalogo, l’imperativo del riposo sabbatico viene ribadito con qualche variazione ed una aggiunta:

Osserva il giorno dello Shabbath per santificarlo, come ti ha ordinato il Signore tuo D-o. Sei giorni lavorerai e farai ogni tua opera, ma il settimo giorno è Shabbath per il Signore tuo D-o, non farai alcuna opera, tu, tuo figlio e tua figlia, il tuo servo e la tua serva, il tuo bue, il tuo asino, ogni tuo animale e il forestiero che si trova nella tua città, in modo che possa riposare il tuo servo e la tua serva come te stesso. E ricorderai che schiavo tu sei stato in terra d’Egitto da dove il Signore ti trasse con mano forte e braccio disteso, perciò il Signore tuo D-o ti ha ordinato di attuare il giorno di Shabbath[2].

La santità dello Shabbath è implicita nelle prime pagine della Bibbia dove è descritta la creazione del mondo, quale opera di D-o, che culmina con la santificazione del settimo giorno. Se il Signore dopo avere “lavorato” si è “riposato”, gli uomini devono seguire questo esempio per dare atto di testimonianza e di ricordo. Il lavoro e il riposo da esso, sono entrambi dei doveri da mettere in atto. Sono molti i riferimenti biblici che evidenziano quanto fosse tenuta in considerazione l’istituzione di questo precetto, tanto che è elevato a “segno eterno - ot hi le‘olam” del patto tra Dio e il popolo ebraico.

Il termine “segno - ot”, usato tra l’altro anche per altri precetti (Tefillin, Mezuzà, Zizit)[3] è una delle espressioni più particolari per definire l’aspirazione ebraica alla Kedushà - la santità. Conseguire la Kedushà, vuol dire elevare continuamente l’azione umana ad un grado di maggiore perfezione, fino a sentirsi intimamente più vicino al Creatore del mondo. Le ragioni che fanno del Sabato un giorno sacro, sono di carattere teologico, morale e sociale. Il Sabato, infatti, è destinato:

  1. a ricordarci la creazione del mondo;
  2. alla concessione di un giorno di riposo per tutti;
  3. al ricordo della prima libertà conseguita nella storia dal nostro popolo, la liberazione dalla schiavitù egiziana.

Con il primo aspetto che motiva il Sabato si è implicitamente condotti alla riflessione sul principio basilare dell’Ebraismo, il Monoteismo, la fede nell’esistenza di un solo D-o creatore dell’Universo, nel quale l’uomo è l’essere più elevato nella scala dei valori creati.

Il secondo aspetto, collegato con il significato più profondo del Monoteismo-etico, ci trasmette un concetto essenziale nell’Ebraismo: l’uguaglianza di tutte le creature umane, senza alcuna differenza di nazionalità, classe, o condizione sociale. Di fronte a questa istituzione divina, scompaiono eventuali differenze che l’uomo stabilisce con il suo prossimo, viene riconfermato perciò il principio della dignità umana. Schiavi e padroni, figli e genitori, forestieri e nativi del paese, anche gli animali, tutti hanno lo stesso diritto nella natura creata da D-o, godere del riposo nel giorno sacro al Signore.

Il terzo aspetto, in armonia con i precedenti, è inteso come ricordo della liberazione dalla schiavitù d’Egitto, per cui l’osservanza del Sabato fu anche concepita come un segno dedicato a tenere vivo l’ideale di libertà e rivolto quindi all’elevazione della personalità umana.

Proprio a questo significato di libertà, implicito nel concetto dello Shabbath, si ricollegano altri istituti sociali con cui l’Ebraismo aspirava a salvaguardare la libertà umana e il diritto all’uguaglianza di tutti i cittadini.

L’anno Sabbatico, ogni settimo anno, prevedeva la libertà agli schiavi, la remissione dei debiti di coloro che la sfortuna aveva spinto nell’indigenza ed obbligava l’agricoltore a dar riposo alla sua terra. Così pure l’anno del Giubileo - dopo sette cicli di anni sabbatici - ristabiliva l’infranto equilibrio economico tra i cittadini i quali potevano rientrare in possesso della terra che era stata distribuita in retaggio ai loro padri. Il Sabato inoltre è considerato, nella tradizione rabbinica, come il simbolo dell’avvenire messianico, l’età in cui - come dovrebbe accadere in ogni settimo giorno - cesseranno le competizioni dettate dall’opera lavorativa, finiranno gli odi e tutto ciò, che per svariati interessi, contribuisce a turbare la serenità e la pace nei rapporti umani.


[1] Esodo 20, 8-9.

[2] Deuteronomio 5, 12 - 15.

[3] Sono anche detti “oggetti esterni” poiché hanno lo scopo di tener sempre presente all’ebreo quelli che sono i suoi doveri. I Tefillin sono due scatoline di pelle che, munite di passanti anch’essi di pelle, che si legano sul braccio sinistro (sul bicipite) e sulla testa (sopra la fronte). All’interno contengono 4 pergamene in cui sono scritti i brani biblici che trattano di questo precetto. Si usano durante la preghiera del mattino e simboleggiano la fusione tra la mente e il cuore. La mente rappresenta l’intenzionalità delle nostre azioni e il cuore fornisce il contenuto sentimentale necessario per questi atti. La Mezuzà (lett. stipite) è un astuccio contenente un piccola pergamena nella quale sono scritti i versi biblici che parlano di questo precetto. Si pone su ogni stipite destro delle porte della casa e ci rammenta, quando usciamo e quando entriamo in casa, che la nostra vita è regolata dai precetti. Lo Zizit è una frangia che si pone ai quattro angoli di un manto (Tallet) che si indossa anch’esso durante la preghiera mattutina. Simboleggia, attraverso il suo intreccio, il nome di D-o e i precetti che devono esserci sempre presenti in ogni momento della giornata.