16 Agosto 2019
16 Av 5779/17 Agosto 2019 - Shabbat Vaetchannan
Supplicai nello stesso tempo all’Eterno con dire…
Deuteronomio 3:23
Il verbo chanan significa avere pietà/perdonare, graziare/concedere; donare/concedere grazie; fare del bene. Nella forma verbale itpael diventa hitchannen/supplicare, pregare (dal Dizionario Ebraico/Italiano a cura di E. S. Artom). Se osserviamo la parola, anche così traslitterata, possiamo intravedere il sostantivo tachanun, la formula quotidiana di supplica che dobbiamo recitare nelle preghiere della mattina/shachrit e del pomeriggio/minchà dei giorni feriali. Il traduttore della versione in aramaico della Torà, detta Targum Pseudo Jonathan, puntualizza sul daghesh (il punto rafforzativo all’interno di una consonante) presente in questa forma verbale (Vaetcha’nn’an), che allegoricamente esprimerebbe il concetto di una supplica continuativa, ininterrotta soprattutto piena di motivazioni in favore del suo accoglimento. Su questa linea, il commentatore francese Chizkiah ben Manoach (noto come Chizkuni, XIII sec.) spiega che Mosè ha “riempito di suppliche” il Signore. Se dalla lettura piana del testo sembra che il motivo della richiesta di ingresso nella terra di Canan era per un beneficio personale (gli era stato precluso l’ingresso per un suo errore), il commentatore romagnolo Ovadià Sforno (1475-1550) ci dice, invece, che per l’ennesima volta l’oggetto della preghiera era il popolo ebraico.
Mosè dimostra ancora una volta di pensare al bene collettivo e non a quello personale. Il profeta, venuto a conoscenza del fatto che gli ebrei nel futuro sarebbero stati esiliati dalla quella terra nella quale stavano per entrare, inizia a pregare intensamente il Signore perché gli conceda la grazia di entrare anche a lui. Con la sua azione avrebbe potuto cambiare quel destino. La richiesta sarà rifiutata. Da adesso, il destino futuro dei figli d’Israele non dipenderà più dall’intervento di Mosè, ma dal suo insegnamento. Solo grazie a quello, saremo in grado di fare le scelte giuste, come individui e come collettività, anche quelle che potranno far riscrivere il nostro destino.
Shabbat Shalom
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